Traduttore, traditore

Questo vecchio modo di dire italiano conosciuto in tutto il mondo è ancora oggi la migliore descrizione dell’essenza del lavorare con le parole: nessun traduttore, per quanto bravo e accurato, è in grado di trasportare esattamente un concetto da una lingua ad un’altra. È un fatto. Fior di pensatori sono giunti anche a sostenere l’impossibilità teorica della traduzione.

Eppure, bisogna tradurre. Per milioni di motivi. Non possiamo non tradurre. E, soprattutto, dobbiamo farlo bene. Come si concilia allora l’accuratezza con un lavoro in cui sappiamo già che sbaglieremo? Come la parabola fa con l’asintoto: avvicinandosi infinitamente senza mai arrivare a toccare la perfetta corrispondenza.

Secondo me, il lavoro del traduttore oggi consiste nell’offrire quell’avvicinamento infinito all’esattezza che un computer non può (ancora) garantire: un approccio per sua natura più lento, ma molto più raffinato e preciso, verso l’asintoto. Il computer, oggi, non è il concorrente del traduttore, ma un formidabile alleato nella velocizzazione di parte del lavoro e un prezioso strumento di correzione.

Consapevole di tutto questo, metto a disposizione del mio committente i miei studi, la mia esperienza, le mie letture e la mia conoscenza del mondo per ottenere dei testi che, per non dire fedeli, siano rispettosi dello spirito del testo di partenza e aiutino la diffusione delle idee nella maniera più efficace possibile.

 

 

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