Questo racconto è stato ispirato dalla vicenda di Giulio Regeni, giovane ricercatore friulano di Cambridge, assassinato in Egitto agli inizi di febbraio 2016. Puoi votarlo per il Premio Racconti nella rete 2017 all’indirizzo: http://www.raccontinellarete.it/?p=29298
La protagonista è una giornalista freelance. Mentre una sera si appresta a cenare con la famiglia, il marito Antonio e la figlia Tania, riceve dal direttore del suo giornale l’incarico di scrivere entro l’ora di chiusura del numero un pezzo su Giulio Regeni. Sotto pressione, non riesce a trovare uno spunto per l’articolo. Decide di cenare e riprendere dopo, e parlando durante la cena ricorda il paese di origine di Giulio, Fiumicello, non lontano dai luoghi di origine di Antonio. Ricollegando i viaggi di Giulio, su suggerimento della figlia, inizia a pensare a una favola, la favola del ricercatore in cerca della felicità. Una favola che però deve finire male per finire su un giornale. Leggi la parte #1, la parte #2 e la parte #3.
#4
C’era una volta un ricercatore.
Era nato ai confini del grande impero dell’Austria Felix, un impero che si era estinto centro anni prima, dove un tempo si dice che tutti fossero felici. Anche oggi in quelle terre sono tutti piuttosto felici, anche se nel frattempo sono passate due guerre e una grande devastazione.
Era nato in un paese abbastanza vicino al mare da sentirne l’odore, ma non lontano dalle montagne che nelle belle giornate sembravano vicinissime e minacciose con le loro punte innevate. Si chiamava Giulio e le montagne si chiamavano come lui, era logico che quella dovesse essere casa sua, pensava. Era felice perché viveva in un bel posto, circondato da vigneti, pescheti e persone tranquille. Ma era anche curioso, ed è per questo che era diventato un ricercatore.
Non si stancava di indagare, di domandare, di scoprire il perché delle cose. E una volta finito di cercare attorno a sé, decise che doveva cercare altrove. E partì per l’America. Voleva sapere se anche negli altri imperi le persone erano felici.
Attraversò il grande oceano. Si accorse che lì c’erano tanti che erano molto ricchi e felici, ma molti di più erano quelli poveri e infelici. Era il paese in cui tutti avevano un’opportunità, ma per uno che riusciva a coglierla c’erano migliaia di altri che non ce la facevano e si limitavano a sognare di essere felici. – Questo modo di vivere è ingiusto. – pensò.
In America viveva vicino a un confine. E com’era abituato a fare, lo passò.
Anche lì l’impero non c’era più. Visitò le grandi città e la famosa foresta. Nel mezzo, mimetizzate dagli alberi, c’erano delle grosse piramidi con gli scalini. Provò a scalarle, e arrivato in cima riuscì a vedere lontanissimo. Pensò: – Be’, quassù la vista è magnifica, chi può vedere quello che vedo io, è sicuramente felice. Ma il resto del paese non mi sembra felice, c’è tanta corruzione e criminalità, e tanti sono poverissimi.
Tornato in Europa, andò a visitare quello che una volta era stato l’impero più grande mai esistito. Aveva ancora una certa autorità, ma l’Imperatrice si era ristretta a Regina. La gente che ci viveva era tutto sommato ancora abbastanza felice, anche se lavorava troppo e spesso non aveva il tempo di fare quello che voleva davvero fare. Pioveva molto ma c’erano anche molti libri. Pensò che fosse un bel posto per studiare. E lì cominciò finalmente a scrivere di tutte le cose che aveva visto fino a quel momento. Voleva pubblicare le sue ricerche, in modo che tutti sapessero.
Studiando e scrivendo, si accorse che tutto il suo cercare, in fondo, voleva stabilire se c’era un posto in cui le persone fossero davvero felici. Felici com’era lui nel tempo che aveva passato al suo paese. S’incuriosì – era un ricercatore, dopotutto – e pensò che doveva andare a indagare in Egitto, l’impero più antico. C’erano le piramidi anche lì, ma erano più lisce di quelle che aveva visto in America, difficili da scalare.
Cominciò a incontrare le persone: non erano felici, anzi, qualche anno prima avevano addirittura fatto una rivoluzione per cambiare le cose. Ma un nuovo “imperatore” aveva preso il posto di quello vecchio con la forza, e non gli piaceva che la gente facesse troppe domande e richieste, voleva solo che ubbidissero.
– Questo non va bene – pensò, – questo è sicuramente il posto più infelice di tutti quelli che ho visto. Devo fare qualcosa.
Imparò la lingua e cercò di scalare le piramidi. Parlò con la gente e scoprì che erano tanti quelli che non erano d’accordo con il nuovo imperatore. Cercò di pubblicare le cose che sapeva e che aveva appreso in tutti i suoi viaggi e i suoi studi. Tutti avevano diritto di sapere. Giulio rispondeva alle domande di tutti, e tutti gli portavano rispetto perché vedevano che teneva alla loro felicità.
Ma l’imperatore lo venne a sapere e lo fece rapire. Voleva sapere cosa aveva detto alla gente, e cosa la gente aveva detto a lui, e quale segreto nascondeva quella ricerca sulla felicità che sembrava interessargli tanto. Gli uomini dell’imperatore glielo chiesero per giorni, ma lui gli rispose sempre la stessa cosa: – Voi non mi fate domande come gli altri, per cercare di diventare felici. Voi cercate solo il modo di rendere infelici gli altri. E io, a voi, non rispondo.
Sapendo che quello che diceva il ricercatore era vero, non sopportarono di avere trovato qualcuno che non gli ubbidiva. E lo uccisero. Per mascherare il delitto, lasciarono il corpo del ricercatore per strada, fingendo che fosse rimasto vittima di un incidente.
Pensarono così di avere risolto il problema.
Caro direttore,
Ecco il pezzo per la prima pagina. Non è una favola, e infatti è finita male. Per ora.
Infatti, gli uomini dell’“imperatore” non sapevano che altri ricercatori, in gran segreto, stanno portando avanti il lavoro del ricercatore curioso nato ai confini di un impero, e ucciso in altro impero che non c’è più.
Ci sono al mondo molti più ricercatori curiosi che tirapiedi ignoranti, per fortuna. E stanno scrivendo altri racconti per i quali, forse, il finale sarà felice come sognava per il suo il ricercatore Giulio.
[Fine.]
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